Poliziotto: Potresti farmi un piccolo favore? Se un giorno finisci in prigione, mi autorizzerai a venirti a trovare? Mi piacerebbe tenermi in contatto con te, d’accordo?
Momo: Con i se, si rifarebbe il mondo.
La pièce è ispirata a dei fatti realmente accaduti nella Francia del 2012: un attacco terroristico, sette morti, di cui tre militari e quattro civili di origine ebraica. L’attentatore è subito individuato, circondato, messo sotto assedio. Non ha scampo. Per trentadue lunghe ore, chiuso in una stanza, Mohamed Merah, l’autore della strage, parla con un agente di polizia. È un colloquio aspro, duro, serrato, a tratti sconvolgente e al tempo stesso surreale. Un dialogo che assume i toni della tragedia, della farsa, del noir, della confessione, dell’incubo.
Lo scrittore, romanziere, drammaturgo e giornalista algerino Mohamed Kacimi, classe 1955, si è voluto confrontare con quei dialoghi, pubblicati in originale dalla stampa francese, per scrivere una pièce di grande forza. Il testo arriva come un terribile atto di accusa, che si staglia come un momento di rara e feroce lucidità. Chi è quel giovane terrorista? Perché ha deciso di colpire? Perché ha scelto la morte?
Il testo è dunque una aguzza interrogazione sulle ragioni e i torti, sulle follie e le paure, sulla legge e la giustizia. In questione, qui, è la natura stessa dell’Uomo. Barbara Alesse, regista dello spettacolo, così presenta il suo lavoro: «Quando nel 2017 Io amo la morte fu messo in scena durante il Festival d’Avignone, si levarono critiche da più parti: i parenti delle vittime, numerose associazioni e perfino la Ministra della Cultura israeliana chiesero che lo spettacolo fosse annullato. La paura era che Merah risultasse troppo “umanizzato”, che si provasse empatia nei suoi confronti: la paura era che si potesse avere pietà dell’assassino. Merah è stato un terrorista spietato, tra le sue vittime ci sono anche tre bambini, colpevoli solo di essere ebrei. Eppure la persona che ci troviamo davanti è un ragazzo di ventitré anni, come ce ne sono molti in Francia, ma anche qui da noi in Italia. Ed è proprio questo il problema che facciamo fatica ad affrontare: il male ha un volto comune, ha gli occhi vispi e sognanti di un ragazzo che non incute nessuna paura. Quegli stessi occhi li ritroviamo nel poliziotto che per ore tenta di convincere Merah ad arrendersi: anche lui giovane e musulmano. Solo un muro li divide, ma è l’emblema della contrapposizione di due vite diametralmente opposte. Cosa e chi decide la sorte di due giovani così simili eppure così infinitamente diversi?».
Scrittore, drammaturgo, studioso del mondo arabo, Mohamed Kacimi è nato in Algeria nel 1955 e si è trasferito a Parigi nel 1982. Apprezzato dalla critica sin dalla pubblicazione di Le Mouchoir (1987), ha pubblicato numerosi romanzi. Il suo primo testo teatrale, Le vin, le vent, la vie, è stato messo in scena da Ariane Mnouchkine nel 1995 al Festival di Avignone. Tra i suoi lavori teatrali La confession d’Abraham, messo in scena in Italia da Moni Ovadia, e La table de l’éternité, entrato a far parte del repertorio della compagnia di Lev Dodin. Tra le sue opere teatrali più recenti Jours tranquilles à Jérusalem, messo in scena da Jean-Claude Fall.
Testo selezionato prima del 4 marzo 2020.
Rappresentazioni serali ore 20.30, giovedì ore 19.30, domenica e lunedì riposo.
Prezzi: posto unico 10 euro.
Produzione
TEATRO NAZIONALE DI GENOVA
Traduzione e regia
Barbara Alesse
Interpreti
Lorenzo Satta, Alessio Zirulia
Luci
Aldo Mantovani
Suoni
Edoardo Ambrosio
Sede legale
piazza Borgo Pila 42, 16129 Genova
010 53421
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